Pillole di cultura su Sardegna sudoccidentale
Geremeas
E' una località turistica del comune di Quartu Sant'Elena posta sulla costa sudorientale della Sardegna all’interno di una baia a circa 35 km dal capoluogo Cagliari. La sua sabbia dorata è di grana un po' grossa e si estende per circa 2 km comprendendo le spiagge di Marongiu, Baccu Mandara e Kal'e Moru le quali si specchiano verso un mare cristallino. Il confine con i territori limitrofi (Porto Sant’Elena e Maracalagonis) è segnato da un rio omonimo, Rio Geremeas, che durante la stagione invernale aumenta la sua portata d’acqua e sfocia nel mare, mentre d’estate riduce la sua portata tanto da diventare un piccolo lago in cui nidifica una variopinta colonia di anatre.
Cagliari
Capoluogo della Sardegna, il suo nucleo originario si estende nella zona più interna e collinare mentre la città moderna si affaccia sul golfo. I colli su cui sorse Cagliari furono abitati sin dal Neolitico: scarsissime sono però le testimonianze di questa fase culturale, rispetto ad altre località sarde, probabilmente a causa delle successive stratificazioni del suolo. I Fenici furono il primo popolo che, durante la loro espansione nel Mediterraneo occidentale, prese possesso dell’isola ma non il solo. Infatti, la necropoli di Tuvixeddu è la più grande testimonianza di architettura funeraria della civiltà Cartaginese in tutto il bacino del Mediterraneo. Le tombe, che si presentano come cavità ipogeiche scavate nella roccia, furono utilizzate tra il VI e il III secolo a.C. Il nome tuvixeddu significa"colle dei piccoli fori", dal termine sardo tuvu per "cavità", "vuoto", "buco", dovuto proprio alla presenza delle numerose tombe scavate nella roccia calcarea. Ad una profondità variabile tra i 20 e i 60 metri, sotto la cima del colle Tuvixeddu si sviluppa una fitta rete di cunicoli e gallerie sotterranee dove speleologi sardi hanno individuato alcuni tratti di acquedotti. Il primissimo nucleo abitativo pare fosse nella zona della laguna di Santa Gilla ma solo dopo la conquista cartaginese diventò una florida città commerciale. Cagliari ebbe nuovo incremento con l’occupazione romana, furono edificati templi dai multipli culti (accanto alle divinità romano-greche si adoravano le divinità puniche latinizzate), un anfiteatro, mura difensive, venne realizzato l’acquedotto, vennero lastricate le strade e la città visse un grande periodo di prosperità. I suoi edifici e le sue ville si estendevano lungo il mare e lo stagno. Simbolo e testimonianza di questa cultura latina era ed è l'anfiteatro, per metà scavato nella roccia mentre la parte restante era in calcare bianco, la facciata sud, oggi purtroppo scomparsa, superava in origine i 20 metri d'altezza. L'anfiteatro ospitava combattimenti tra animali, tra gladiatori e tra combattenti specializzati che venivano reclutati anche fuori dalla Sardegna. Quando l'anfiteatro cadde in disuso durante il medioevo venne utilizzato come cava dai vari conquistatori che necessitavano di materiali a buon mercato per la costruzione di nuove fortificazioni. La città era diventata in epoca romana divenne multietnica, si costituì un nucleo di cittadini romani accanto al nucleo di cittadini di origine e di lingua punica e a quello di indigeni sardi. Tutte le testimonianze archeologiche, oggetti in bronzo, ceramiche romane e manufatti dall'età nuragica fino all'era bizantina, sono oggi conservate nel Museo Archeologico Nazionale di Cagliari. Cuore medioevale della città è il quartiere fortificato di Castello, che fino alla Seconda guerra mondiale, fu la residenza dei nobili. Il bastione di Saint Remy è una delle fortificazioni più importanti della città ed alla fine del XIX secolo venne monumentalmente trasformato in una scalinata, sormontata dall'arco di Trionfo, che dà accesso ad un luogo di passaggio coperto e ad una grande terrazza panoramica. Da non tralasciare sono anche i quartieri storici di Stampace, Marina e Villanova: il primo era il quartiere dei borghesi e dei mercanti, il secondo era il quartiere dei pescatori e marinai, il terzo quello dei pastori e dei contadini.
Area Archeologica di Nora
Nora fu la prima città fondata dai Fenici, arrivati sull’isola, tra la fine dell’VIII e il VII sec. a.C. La scelta del promontorio del capo di Pula non fu casuale, la posizione infatti era favorevole per lo snodo di traffici commerciali. Nei secoli fu dominata da Cartaginesi e da Romani, sotto quest’ultimi visse un grande periodo di splendore. I resti che ci sono pervenuti oggi sono dei più svariati periodi: riguardano la necropoli fenicia, il tophet punico, un bellissimo teatro costruito agli inizi del I secolo a.C. attualmente l’unico teatro romano di tutta la Sardegna, strutture termali decorate da magnifici mosaici databili tra il II e il IV secolo d.C., varie strutture religiose come il Tempio di Tanit del periodo punico e il santuario di Esculapio del II-III secolo d.C. Numerose sono anche le testimonianze di edilizia abitativa privata ed infine vicino al mare possiamo ammirare i resti del foro romano. Dal sito di Nora, tra i più rilevanti della Sardegna meridionale, proviene una delle testimonianze più importanti dell’archeologia sarda, la famosa Stele di Nora (fine IX-inizi VIII sec. a.C.), nella quale appare l’attestazione più antica del nome Sardegna: Shrdn, ‘Sardegna’, attualmente nel Museo Archeologico Nazionale di Cagliari.
Sant’Antioco
È il principale comune dell’isola omonima a sud della Sardegna. Un’isola di origine vulcanica, perciò prevalentemente rocciosa, la cui parte occidentale che si affaccia sul mare aperto è caratterizzata da pareti verticali con intervalli di grotte ed insenature con poche ma grandi spiagge mentre la parte orientale, che si affaccia verso la grande Isola, presenta una costa bassa e sabbiosa. L’intera isola si collega alla Sardegna tramite un ponte realizzato nel 1981. La città di Sant’Antioco sorge sull’antica Sulki, città di fondazione fenicia che divenne dominio Cartaginese e poi Romano, come accadde in tutta la Sardegna. Oggi abbiamo testimonianze del periodo preistorico grazie alle domus de Janas, i menhir e ruderi di una trentina di nuraghi. Del periodo fenicio-punico ci rimangono tophet e necropoli ma è durante l’epoca romana che visse il suo grande splendore di cui abbiamo un cimitero di catacombe e gli esigui resti del mausoleo "sa Presonedda" del I secolo a.C. che ci mostra l’incontro tra la cultura punica e romana. Nel Museo Archeologico Barreca sono conservati tutti i reperti che testimoniano questo straordinario passaggio di civiltà. Il nome di isola e città deriva dal patrono della Sardegna, forse un medico africano che convertiva fedeli sotto l’imperatore Adriano nell’area della Cappadocia (attuale Turchia) che fu esiliato sull’Isola e diventando martire gli fu dedicata la basilica di sant’Antioco. Le spiagge più vicine alla città sono caratterizzate per lo più da rocce chiare e rarissimi ginepri fenici, secolari palme nane ed essenze mediterranee, non mancano anche spiagge di sabbia grigia e sottile dal cui fondale emergono acque termali sfruttate già dai romani. In alcuni luoghi più favorevoli nidificano ancora il cavaliere d’Italia e i fenicotteri. Sulla scogliera di is Praneddas (o arco dei Baci) si può sostare su un arco alto 200 metri sopra il mare. Capo Sperone è l’estrema punta a sud caratterizzato da mare azzurro cangiante e distese di peonie rosa. Sullo sfondo gli isolotti della Vacca e del Toro, aree protette dove vola il falco della regina.
Masua – Porto Flavia
Nella località balneare di Masua nel comune di Iglesias è possibile visitare “Porto Flavia” un’antica miniera sospesa sul mare realizzata nel 1924 che ha la particolarità di essere stata realizzata all’interno di una roccia e permetteva l’imbarco diretto dei materiali sulle navi che venivano trasportati nell’area nord – europea. L’innovazione consisteva proprio nell’imbarco diretto dei minerali dato che fino ad allora erano trasportati per mezzo di contenitori del peso di 25 tonnellate e caricati a spalla su barche a vela. Fu realizzata da minatori che scavarono la montagna per circa 600 metri e si compone di due gallerie sovrapposte e di un nastro trasportatore che riceveva i minerali dai depositi sotterranei per poi trasferirli nella stiva delle navi da carico. Il tunnel sbuca a mezz’altezza su uno strapiombo che offre una vista mozzafiato sul territorio da cui infatti è possibile ammirare il bellissimo scoglio chiamato Pan di Zucchero alto 132 metri. L'impianto fu dismesso negli anni Sessanta con il progressivo abbandono dell'attività estrattiva della zona e verso la fine del Novecento fu stato sottoposto ad un intervento di restauro con successiva riapertura al pubblico di visitatori e turisti. Interessante è anche la visita al museo delle Macchine da miniera che contiene una settantina di macchinari, attrezzature e utensili minerari. A seguito dell’escursione storico-industriale si può scegliere di rilassarsi sulla spiaggetta limitrofa che si affaccia sul mare cristallino accanto una fresca pineta.
Oristano
Capoluogo di provincia della parte centro occidentale della Sardegna, l’attuale città di Oristano non ha la stessa origine di molte altre località sarde perché la sua storia ha inizio nel medioevo. Nei secoli precedenti era presumibilmente un semplice villaggio di contadini o pastori che viveva all’ombra di località a lei vicine più importanti. Nel 1070 divenne sede vescovile in quanto la città era protetta da possibili incursioni nemiche grazie a barriere naturali come gli stagni e la biforcazione del fiume Tirso che si divideva in due rami, di cui uno passava a nord e l'altro a sud della città. Da qui ha inizio la sua storia, prese parte alle numerose guerre che si susseguirono tra gli stati indipendenti della Sardegna a seguito del declino del regno bizantino in occidente ed a causa di ciò si vide saccheggiata e danneggiata. La città si rialzò presto migliorando le antiche fortificazioni e costruendo circa ventotto torri e muri alti tra i 10 – 15 metri. La sua storia ci ha lasciato diverse testimonianze: a partire dall’XI secolo si è arricchita di palazzi, fortificazioni e templi cristiani. La maestosa torre di Mariano II (o di san Cristoforo) fu costruita nel 1290 in blocchi d’arenaria asportati dall’antica Tharros, antica città limitrofa, e rappresenta un buon esemplare di architettura romanica. In piazza Eleonora spicca il monumento dedicato alla giudicessa promotrice della Carta de Logu, uno dei primi codici di leggi scritte d’Europa. Nel centro storico possiamo ammirare palazzo d’Arcais, la chiesa di santa Chiara un raro esempio di architettura gotica nell’isola, la chiesa del Carmine con il suo chiostro, entrambi in stile barocco-rococò, e il duomo di Oristano, la cattedrale di santa Maria Assunta, caratterizzata dalla sovrapposizione di vari stili architettonici il cui primo impianto risale al 1130. Fuori le mura del centro storico sono degne di nota le chiesette di san Sebastiano e san Martino. Presso la costa di Torregrande spicca l’omonima torre spagnola, la più grande della Sardegna realizzata nel 1572. Da non dimenticare anche le splendide spiagge dell’area marina e delle lagune che sono una grande risorsa per l’industria ittica ed insieme a produzioni dolciarie, vitivinicole e l’artigianato sono base dell’economia locale.
Orgosolo
La sua origine è antica, dell’età preistorica abbiamo numerose testimonianze megalitiche di cui diciassette menhir, un dolmen e una sessantina di domus de janas. Anche del periodo nuragico vi sono numerosi resti come quindici nuraghi, otto tombe di giganti, una fonte sacra e una decina di insediamenti. Il più conosciuto e visitato è il nuraghe di Mereu. Di età punica e romana invece ci sono rimaste esigue testimonianze: una serie di ceramiche e monete in bronzo. Del periodo medievale purtroppo solo rovine o testimonianze scritte di alcune chiese. Tuttavia, nonostante le numerose testimonianze preistoriche, nell’epoca contemporanea la cittadina è diventata famosa per i suoi murales (circa 150) che hanno dato vita ad un museo a cielo aperto, attirando l’attenzione di numerosi turisti ogni anno. Tutto ha avuto origine nel 1969 con il primo murales realizzato da un gruppo di anarchici, successivamente ne furono realizzati altri grazie all’iniziativa di un insegnante e dei suoi studenti di scuola media per ricordare la Liberazione dell’Italia dal Nazifascismo, negli anni si aggiunsero i contributi di artisti locali. Parte del territorio è il complesso montuoso di Supramonte, cuore selvaggio e incontaminato della Sardegna che si estende per circa 3.360 ettari ed è stato per secoli rifugio di pastori e banditi grazie alla presenza di profonde gole, grotte e anfratti. Estremamente affascinate è la dolina "Su Sielhone", una conca calcarea chiusa con diametro di 500 metri e pareti in verticale di circa 150 metri che è stata dichiarata “Monumento Naturale” dalla Regione Sardegna nel 1989. Nel versante orientale, lungo il percorso del Rio Flumineddu, i calcarei finiscono bruscamente in un canyon lungo 22 km. Nella parte finale ha origine la Gola di Gorroppu, una delle più grandi d’Europa, che ha al suo interno pareti in verticale alte 400 metri. Per i più sportivi è la meta giusta per fare trekking e scegliere di vivere un’esperienza attraverso impervi sentieri e un territorio selvaggio, ammirando panorami mozzafiato, guglie, archi di roccia e imponenti falesie.
Bosa
Comune della provincia di Orsitano, la zona fu favorevole all’insediamento umano, si tratta infatti dell'unica città fluviale della Sardegna per la presenza del fiume Temo. Con origini sia in età preistorica che protostorica come dimostrano le circa trentasei grotte funerarie e il rilevante numero di domus de janas ritrovate. Incerte le sue origini fenicio – puniche tuttavia è presente l'area archeologica di S'Abba Druche, nella quale è stato possibile documentare un vasto insediamento abitativo e produttivo, in un arco di tempo che va dall'epoca nuragica, con la presenza di una necropoli, fino all'età romana imperiale, caratterizzata dalla presenza di vasche risalenti all'epoca romana. Spopolatosi in periodo medioevale a causa delle scorrerie dei pirati saraceni, nel Duecento diventa marchesato e successivamente per paura di invasioni aragonesi viene potenziato l’assetto difensivo della città, a questo periodo infatti risale il castello sul colle di Serravalle. La Città presenta una parte antica, che sale verso l'altura dove è stato edificato il castello di Serravalle, e da una parte moderna che si espande verso il mare. Il fiume Temo, l'unico navigabile della Sardegna, attraversa la città provenendo dalle alture sopra Villanova Monteleone, quindi si allarga e costituisce un vero e proprio porto collegato con il mare. Dal Ponte Vecchio, costruito sul Temo in pietra trachitica rossa, vediamo il duomo e tutto il lungotemo e si intravede anche il castello che domina dall'alto il vecchio centro storico, sul lato destro del fiume invece si ha una bellissima vista di tutto il vecchio centro storico. L'abitato di Bosa è dominato dalla grande mole del castello di Serravalle (noto anche come castello Malaspina) edificato su un colle a nord est dell'antico abitato a partire dal 1112, per difendersi dagli assalti dei pirati arabi, dai marchesi dell’omonima famiglia di nobili toscani trapiantati nell’isola alla metà dell’XI secolo. È uno dei castelli fortificati meglio conservati di tutta la Sardegna ed al suo interno è possibile anche ammirare la piccola Chiesa di Nostra Signora de Sos Regnos Altos, cappella palatina del castello edificata nel 1300 ma la cui cronologia è incerta, al suo interno durante i restauri del 1975 è stato trovato uno straordinario ciclo di affreschi trecenteschi, molto rari in Sardegna, realizzati presumibilmente da un pittore di origine toscana. Li possiamo ammirare in tre delle quattro pareti della Chiesa, purtroppo sono stati pesantemente mutilati dalla ricostruzione dell'abside. A Bosa è molto facile vedere le anziane signore assorte sui loro telai nella lavorazione del famoso filè di Bosa ed essere tentati di fermarsi presso uno dei punti di ristorazione del luogo per gustare il famoso il vino DOC Malvasia di Bosa, tra i primi in Italia ad ottenere questa certificazione. La frazione Bosa Marina è una località balneare in forte espansione, con il suo piccolo porto e con una bella spiaggia sabbiosa, protetta da un molo collegato all'Isola Rossa sulla quale si trova la torre omonima. Il mare trasparente e di un bellissimo colore verde smeraldo impreziosito da striature di azzurro cangiante è poco profondo e nella spiaggia, che risulta molto ampia e comoda, sono disponibili diversi punti ristoro ben attrezzati, con la possibilità di noleggiare attrezzature da spiaggia come lettini, ombrelloni e moto d'acqua. Sono, inoltre, presenti market, pizzerie, ristoranti e una discoteca nelle immediate vicinanze.
Alghero
Le sue origini non sono ben definite, presenta interessanti tracce nuragiche ma si sviluppa sicuramente in età medioevale a seguito della fortificazione dell’originario piccolo villaggio di pescatori. Viene assediata dai catalano – aragonesi nel Trecento e diventa di dominazione spagnola come accade all'intera isola. Secondo una particolare politica espansionistica, gli Aragonesi stabilirono che ad Alghero dovessero vivere solo i catalani, per questa ragione i sardi vennero scacciati dalla città e si insediò sin da subito una colonia di catalani che dette una netta impronta alla città al punto che ancora oggi gli abitanti parlano correntemente il catalano. Gli Aragonesi avviano una politica di vantaggi economici e di privilegi che legano strettamente la città alla Corona catalano – aragonese. Per quasi quattrocento anni Alghero, rimane sotto il dominio spagnolo ed è proprio per questo motivo che è definita la “piccola Barcellona”. Le antiche mura esterne della città, note come bastioni, furono successivamente potenziate in modo da costituire un efficace e complesso sistema difensivo. La cinta muraria fu integrata e rinforzata con numerose torri, tanto che nel 1374 se ne contavano ben ventitré, delle quali oggi rimangono ancora intatte tutte quelle affacciate verso il mare, mentre le altre sono state abbattute a fine '800, per consentire l'espansione della città verso l'interno del territorio. La spiaggia di Alghero è particolarmente adatta per le persone che praticano la pesca e le immersioni subacquee grazie al mare cristallino ed alle piccole calette di roccia calcarea con il fondo sabbioso, alternate a tratti da scogli. L'acqua è quasi sempre cristallina e fresca e solitamente i bagnanti si divertono a nuotare e a praticare tuffi da scogli di varie altezze.
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